Con una decisione che segna una svolta per il diritto digitale, la Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica via PEC è nulla se non viene consegnata perché la casella del destinatario è piena. L’ordinanza n. 25084 del 12 settembre 2025, emessa dalla Seconda Sezione Civile, mette al centro il diritto di difesa e ridimensiona l’applicazione rigida del principio di autoresponsabilità.
Il caso che ha portato alla sentenza
Il ricorso era stato presentato da un architetto sospeso per 150 giorni dal proprio Ordine professionale per violazioni deontologiche. La sanzione era stata notificata via PEC, ma la casella del professionista risultava satura e il messaggio non era mai arrivato a destinazione. Nonostante una successiva raccomandata, il procedimento disciplinare aveva considerato valida la prima notifica digitale, facendo decorrere da essa i termini per l’impugnazione. La Cassazione ha ribaltato questa impostazione, chiarendo che una notifica non consegnata non può produrre effetti giuridici.
La posizione della Cassazione
Secondo i giudici, la notifica telematica si perfeziona solo quando il sistema genera la Ricevuta di Avvenuta Consegna (RAC), unico elemento tecnico in grado di dimostrare che l’atto è stato reso disponibile nella casella del destinatario. Se la casella è piena, il gestore invia soltanto un avviso di mancata consegna: in assenza della RAC, la notifica non è valida. Non basta il tentativo di invio, occorre che il destinatario abbia concretamente la possibilità di conoscere l’atto.
La Corte ha inoltre escluso che la casella piena possa essere equiparata al rifiuto consapevole di ricevere un atto (art. 138 c.p.c.). Il rifiuto è una scelta volontaria, mentre lo spazio esaurito nella casella PEC può dipendere da negligenza, dimenticanza o circostanze non imputabili al destinatario. Assimilare le due ipotesi significherebbe punire una semplice disattenzione come se fosse un atto deliberato.
Autoresponsabilità e diritto di difesa
La sentenza non elimina il principio di autoresponsabilità, che impone a cittadini e professionisti di mantenere attiva e capiente la propria casella PEC. Tuttavia, questo dovere non può essere “assoluto e cieco”: deve sempre essere bilanciato con la garanzia di effettiva conoscibilità dell’atto notificato.
Un’eccezione è rappresentata dal processo civile telematico: in caso di mancata consegna, il sistema genera un avviso sul Portale dei Servizi Telematici riguardo al deposito in cancelleria. In quel contesto, quindi, il diritto di difesa resta comunque tutelato grazie a un meccanismo alternativo.
Una decisione che tutela i diritti fondamentali
Il messaggio della Cassazione è chiaro: la tecnologia non può sacrificare i diritti costituzionali. Una PEC non recapitata equivale a una notifica mai avvenuta, con la conseguenza che i termini per presentare ricorsi o difese non possono iniziare a decorrere. La decisione rappresenta un freno al formalismo procedurale e una riaffermazione del principio di conoscibilità come condizione indispensabile per la validità delle notifiche.
Come evitare problemi con la PEC
La sentenza ha un impatto concreto per professionisti, imprese e cittadini. Per questo è fondamentale:
- monitorare costantemente lo spazio disponibile nella propria PEC;
- utilizzare sistemi di archiviazione esterna per non saturare la casella;
- scegliere un servizio PEC affidabile e semplice da gestire.
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