Domicilio e residenza vengono spesso confusi, ma conoscere la differenza tra questi due concetti è fondamentale per gestire correttamente questioni legali, amministrative e fiscali.
Che cos’è il domicilio
La definizione di domicilio è chiaramente definita dall’articolo 43 del Codice Civile, il quale stabilisce che: “Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi [14 Cost., artt. 45 e 46 c.c.]”. Quando si parla di “interessi”, si fa riferimento non solo a quelli di natura economica, ma anche interessi personali, politici e sociali.
La scelta del domicilio non richiede registrazione ufficiale. Questo significa che una persona può liberamente scegliere di avere il proprio domicilio in una città diversa dalla propria residenza anagrafica.
Inoltre, l’articolo 45 c.c riconosce la libertà di domicilio anche ai coniugi, in quanto “ciascuno dei coniugi ha il proprio domicilio nel luogo in cui ha stabilito la sede principale dei propri affari o interessi“.
In alcuni casi è possibile eleggere un domicilio speciale in relazione a un determinato atto o ad uno specifico affare, per cui è possibile avere più domicili speciali che si riferiscono a determinati atti o affari. Tipico esempio di domicilio speciale è la domiciliazione presso l’ufficio dell’avvocato mandatario in caso di atti relativi ad una causa legale.
Che cos’è la residenza
Sempre secondo l’articolo 43 del Codice Civile, la residenza è “il luogo in cui una persona ha la dimora abituale“. La residenza non è quindi limitata a periodi specifici dell’anno, ma indica il luogo in cui una persona vive stabilmente. In Italia, un cittadino può avere la residenza sempre e solo in un Comune.
La residenza anagrafica è ufficializzata tramite l’iscrizione presso l’anagrafe di un comune dove la persona decide di stabilire la sua dimora abituale.
La residenza fiscale è acquisita quando un contribuente è iscritto all’Anagrafe della popolazione residente o ha residenza o domicilio in Italia per più di 183 giorni all’anno. La residenza fiscale ha un’importanza cruciale nel calcolo delle imposte sui redditi e nella definizione dell’IVA.
Cosa comporta avere un domicilio diverso dalla residenza?
Da un punto di vista giuridico, la principale differenza tra domicilio e residenza sta nel fatto che la residenza è legata all’abitare, mentre il domicilio è legato alla sfera economica e sociale.
Il domicilio è il riferimento per le comunicazioni relative ai propri affari:
- Ricezione di comunicazioni relative ad affari o lavoro
- Apertura di una tutela legale
- Gestione di una successione
- Dichiarazione di fallimento
La residenza gioca invece un ruolo fondamentale nella nostra vita quotidiana, in quanto significa far parte ufficialmente della popolazione residente di un comune e comporta:
- Accesso ai servizi comunali (registrazione demografica, elezioni)
- Scelta del medico curante
- Accesso alle pratiche per celebrare il matrimonio civile
- Determinazione della competenza territoriale degli organi giudiziari, in caso di controversie legali
- Ricezione di documenti ufficiali, come raccomandate e atti giudiziari
- Richiesta dei certificati anagrafici, come lo stato di famiglia
È importante notare che mentre non esiste un certificato che attesti il domicilio, esiste invece un certificato di residenza. Questo certificato, che potrai richiedere anche online con Pratiche.it, attesta l’attuale residenza dell’intestatario.
Il certificato di residenza, quindi, contiene le informazioni relative alla residenza di una persona trascritte nel registro di stato civile, dunque dati quali nome e cognome, data e comune di nascita, comune e indirizzo di residenza.
Cambio di residenza e certificati
Il cambio di residenza avviene quando un cittadino decide di trasferire o modificare la propria dimora abituale in un nuovo Comune o all’interno dello stesso Comune. In generale, il cittadino deve effettuare la richiesta presso l’Ufficio Anagrafe del Comune dove intende stabilire la sua nuova residenza. Di norma, è possibile farlo presentandosi di persona, oppure online tramite i portali istituzionali, accedendo con SPID o Carta d’Identità Elettronica (CIE).
Al momento della richiesta occorre presentare un documento di identità valido, la patente di guida e documenti che attestano il titolo di possesso dell’abitazione, come un contratto di locazione registrato, un comodato d’uso o il rogito di acquisto. Entro due giorni lavorativi dalla dichiarazione, l’ufficiale d’anagrafe provvede alla registrazione della pratica e avvia contestualmente i controlli domiciliari tramite la Polizia Locale.
Dopo 45 giorni, se non vi sono state contestazioni, l’iscrizione anagrafica è automaticamente confermata (silenzio-assenso). In caso di accertamenti negativi, il Comune comunica ufficialmente la mancata accettazione della richiesta e ripristina la posizione anagrafica precedente.
Una volta completato il cambio, è possibile ottenere il certificato di residenza direttamente online, se il comune lo prevede, oppure direttamente su piattaforme specializzate come Pratiche.it, facilitando così la gestione delle successive pratiche amministrative.
Cos’è la residenza temporanea
La residenza temporanea, prevista dal DPR 223/1989, consente di registrarsi temporaneamente (fino a un anno) in un comune diverso dalla propria residenza abituale senza perdere i diritti legati alla residenza principale. Questa iscrizione è aperta a coloro che vivono temporaneamente in un comune, ma non vogliono o non hanno ancora deciso di stabilirsi in maniera definitiva. Tramite l’iscrizione allo schedario della popolazione temporanea è possibile segnalare la propria presenza sul territorio per un periodo di massimo un anno. L’iscrizione avviene su richiesta della persona interessata e viene confermata dopo aver effettuato le verifiche necessarie. Questa procedura è concepita per impedire che il Comune in cui si ha la residenza effettiva proceda alla cancellazione durante il periodo di assenza.